Giocate sporadiche con D&D 5e: perché l'ho fatto e cosa ho imparato

Ho fatto un mega-vocale su Ruling the Game ieri sera, al ritorno da una giocata, e @ranocchio mi ha chiesto di scriverlo sul forum. Ringrazio il mitico Scribacchino di @icemaze che mi ha facilitato non poco il lavoro.


È stata una sessione molto soddisfacente.

Faceva parte di un piccolo progetto, che ho chiamato “Non è l’Aèlle”, che ho iniziato nell’autunno scorso con l’associazione The Agency Italia di cui faccio parte.

Riesco a fare una sessione al mese, non di più. In presenza, qui a Pisa. Usiamo D&D 5° edizione, con regole praticamente inalterate, salvo qualche dettaglio veramente minimo.

Dettagli:

Niente Ispirazione (la detesto). Nessun riposo lungo durante la sessione; un solo riposo breve è permesso, e usufruirne provoca complicazioni nello scenario. Presenza di mostri erranti / incidenti casuali per dare al tempo un costo. Progressione dei Punti Esperienza leggermente modificata. Tutti i dettagli qui.

Mi è venuta questa idea un po’ di tempo fa.
Ci sono persone in associazione, probabilmente una maggioranza, che rientrano in una cultura di gioco che è… un po’ distante dal tipo di attività che mi piace fare coi GdR.
Poi ci sono alcune persone, una sparuta minoranza, con una propensione spiccatamente OSR. Con loro stiamo portando avanti, con discreto successo, una serie di serate dedicate proprio ai giochi OSR (soprattutto The Black Hack e Old School Essentials). Collaboro con loro in questa cosa, e ne siamo contenti.

Ora, non c’è dubbio che avrei potuto continuare a lavorare con questo secondo sottogruppo e basta. Ma vi dico le riflessioni che ho fatto, senza la pretesa che abbiano generalità e che siano lezioni per nessuno.
Volevo provare a entrare in contatto con un sacco di gente nuova, anche neofiti o quasi neofiti, persone che comunque non hanno tanto il polso di queste distinzioni culturali, giocano per passatempo, anche in maniera molto saltuaria. Molte, magari, tendono a preferire D&D 5 banalmente perché è più conosciuto ed è più facile trovare gruppi.
Sicuramente ha un suo senso far loro conoscere giochi diversi.
Però ci tenevo innanzitutto, per quanto possibile, a far toccare con mano i fondamenti di come io gioco a D&D (in generale, a prescindere dall’edizione o variazione sul tema).
E volevo evitare di dare l’impressione che questo “mio” modo di giocare derivasse dall’uso un diverso gioco.


Siccome adesso di sessioni così ne ho accumulate un bel po’, con tante persone diverse (non sono sempre le stesse, per esempio questa volta erano quasi tutte persone che non avevo visto prima), posso fare un po’ di bilancio.

Intanto, quello che ho visto è che il gioco funziona. Funziona molto bene. Come regolamento non è il mio preferito, ha delle magagne, se dipendesse da me ci metterei le mani ovunque (anche perché ho il pallino dello smanettare con le regole a prescindere). Però fa assolutamente il suo lavoro.

E perché non ho modificato pesantemente il regolamento?

Non volevo che il diverso modo di giocare fosse associato alle diverse regole. Come ho detto prima, voglio dimostrare che si può giocare in quel modo anche con le regole vanilla.

Ci sono state diverse volte in cui la quest è stata un insuccesso. Sono morti diversi personaggi. Questa volta si è rischiato il total party kill: c’è mancato davvero un pelo, è rimasto in piedi solo un PG con solo 2 punti ferita. Quindi anche la mortalità c’è, il rischio c’è, è tutt’altro che una passeggiata.

Mi diverto, e mi sembra che si divertano molto anche i giocatori.

Il che mi porta ad un’altra osservazione: sebbene da un lato si possa affermare (non dico senza dubbio, però, diciamo, non avrei difficoltà ad accettarlo come vero) che il mio modo di giocare a D&D è “di minoranza”, non è del tutto allineato con la “cultura dominante” di quinta edizione, dall’altro lato mi viene da domandarmi quanto sia davvero dominante quella cultura.

Me lo domando perché ai miei tavoli di questi eventi vengono (anche) persone che hanno già giocato a D&D, spesso persone che hanno un proprio gruppo stabile e che forse partecipano ad altri eventi (di altro tenore) organizzati dall’associazione.
L’altra stasera, ad esempio, c’erano cinque persone. Di una non so i trascorsi, ma le altre erano persone di questo genere, molto più “skillate” di me sulle meccaniche di gioco.
Mi sarei potuto aspettare di dover spesso dare spiegazioni, oppure correggere “strutture”, mentalità inadatte al mio stile di gioco, approcci inappropriati e così via. Non nego di aver messo in conto questo rischio.
Ebbene, non è stato così.

In quasi tutte le sessioni, compresa questa, il gioco è stato fluidissimo, ha funzionato benissimo. Mi sono limitato a fare il DM come lo farei per il mio gruppo abituale, senza fare nessun particolare intervento.
Non ho visto gente che “faceva le vocine”, o che si aspettava chissà che performance da me, o che attuava comportamenti da abuser gamer syndrome.
Invece ho visto creatività, idee originali per risolvere i problemi, un sacco di conversazione tra giocatori sin dai primi momenti, su come risolvere questa o quella situazione, superare questo o quell’ostacolo. Gioco bello, appagante, “sano”.
È capitato solo un paio di volte in passato che dovessi dare qualche “correzione” o perlomeno spiegazione, ma è stata quella l’eccezione, non la regola.


Parlo da persona che non si è mai apertamente riconosciuta o definita come appartenente alla corrente OSR, ma ha grande simpatia per quel movimento e si trova benissimo a convention come la TPK, in chat come Ruling the Game e simili.

Il mio timore era che rimanendo tranquillo nella “minoranza old school” dell’associazione, con evidenti tratti distintivi, giochi diversi, la continua sottolineatura di essere differenti, essa finisse per diventare una specie di “riserva indiana”, confermando nelle persone la convinzione che quello che facevamo fosse diverso dal D&D 5, e quindi, indirettamente, che D&D 5 andasse davvero giocato nella maniera in cui giocavano… beh, gli “altri”.

Sono soddisfatto, personalmente, della decisione di fare queste giocate con D&D 5, cercando di mantenere aperto un ponte, una porta col mondo mainstream. Mi sta dando soddisfazioni, e sembra molto meno problematico di come si potrebbe immaginare.

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